venerdì 22 febbraio 2008

Ferro su ferro

Per la prima volta mi ritrovo a digitare su un bianco foglio elettronico mentre risalgo lo Stivale in treno. Un regionale ovviamente vecchio e maleodorante che mi accompagnerà fino a Napoli dove mi aspetta un suo simile molto più evoluto, molto più veloce, molto più costoso. E’ anche la prima volta che inserisco su questo mio giovane blog un post che parla in maniera relativamente esplicita del suo autore, o meglio, dei pensieri di lui. Perchè viaggiare da soli per nove ore è sempre una buona occasione per stare da soli. Per chi poi, come me, nasce malinconico e con una sorta di eccitante predilezione per la tristezza, poter guardare il mondo che scorre al di là del finestrino di un treno in corsa significa viaggiare: con la mente. E come ogni volta ho i miei 2 libri pronti nella seconda tasca più pratica del bagaglio (nella prima c’è materiale per soddisfare la fame e che come sempre non consumerò totalmente perché la necessità di mangiare che ho, durante il viaggio, è sempre di molto inferiore alle calorie che mi porto appresso, impacchettate), sempre almeno due perché devo poter scegliere. Non sia mai che mi ritrovo miracolosamente con il morale predisposto al sorriso ed ho a disposizione solo Banana Yoshimoto. Ma non li ho ancora aperti, come capita spesso, perché i libri in fondo ti fanno compagnia ed io voglio rimanere da solo a guardare il finestrino.
Poi succede che arrivi a Battipaglia ed il vociare dei passeggeri, ora più caotico, ora con sfumature dialettali, ora con altre medio-orientali, comincia ad avvolgerti inesorabilmente. Ho anche il lettore mp3, non mi faccio mancar nulla neanche io nell’era tecnologica. Potrebbe essere la soluzione, in fondo l’ho comprato apposta. Ma poi ti rendi conto che la musica coprirebbe il vociare che non ti fa sentir solo ma che esso è essenza stessa di un viaggio. “Ferro su ferro, mondo nel mondo, fuori dal tuo finestrino”. La recito, nella mia testa, quasi fosse una filastrocca questa prima parte di un sms ricevuto dieci giorni fa nel rispettivo viaggio di andata (o di ritorno, non l’ho mai capito) e che ho imparato a memoria. E lo osservo davvero quel mondo lì fuori, tra un rigo ed un altro, e raccolgo particolari, colori e figure, lampi di luce, suoni che posso solo immaginare, pezzi di storie lontane. Ed a volte mi rendo conto che l’unico punto di contatto rimane solo quel ferro su ferro. Che emette stridii, fischi, monotoni e sonnolenti suoni ondulatori. Proprio gli stessi che sento nella mia testa.

Nocera Inferiore.

Fra un po’ si cambia. Forse.

Nessun commento: