venerdì 15 febbraio 2008

Sòna Zimba. Sòna ca ni pàssa.

Ho avuto il piacere di conoscere musicalmente Pino Zimba qualche anno fa.
Era il periodo nel quale, non ricordo bene neanche quale fu l'input, cominciai a documentarmi sul fenomeno della pizzica salentina. E fu proprio degli Zimbaria il primo mp3 che ascoltai. Folgorato. L'interesse crescente mi portò a vedere "Sangue vivo", il lungometraggio di Winspeare in cui non solo le musiche sono state scritte e musicate dagli Officina Zoe', suo gruppo, ma dove lui è addirittura l'attore principale.
Secondo me, se l'è cavata anche abbastanza bene nella recitazione. Dopotutto ha interpretato se stesso ed i dialoghi erano nella sua lingua madre!

Mi è sempre stato simpatico fin da subito, a pelle. Nonostante il suo aspetto un pò ombroso, le sue sopracciglia un po' diaboliche, l'immagine che mi trasmetteva era quella di una persona buona, di un artista semplice ma non per questo di secondo livello, di un uomo del Sud puro e carico d'energia. Energia capace di travolgere una piazza se passava attraverso la pelle di un tamburello. L'unico suo concerto che sono riuscito a vedere, a Grottaglie mi sembra, ce l'ho ancora vivo negli occhi e nelle orecchie: c'era un pubblico poco attento, poco entusiasta. Cercò di scuoterlo per un paio di volte, alla terza disse qualcosa al microfono di poco carino, un po' nel suo stile: era un modo per lanciare una sfida. Cominciò a battere come un dannato quella pelle tesa e nel giro di pochi minuti tutto cambiò. Il concerto finì verso la mezzanotte ma alle 3 del mattino c'erano ancora i gruppi che ballavano e suonavano davanti ai camioncini che vendevano panini e mieru. Tutti ubriachi, ovvio.

E' grazie a lui se oggi mi ritrovo ad avere anche io un tamburello appeso in camera e che mi ostino a suonare a mio modo. Un giorno imparerò.

Addio Pino.

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