venerdì 28 marzo 2008

La lontananza è come il vento


La mia curiosità non mi ha permesso di sottrarmi al sondaggio della Openpolis.

Date per certe la volontà e la possibilità di recarmi alle urne, cosa non del tutto sicura, il grafico rispecchia alla perfezione la mia reale posizione di elettore per queste nuove elezioni politiche (non in assoluto, certamente) e quindi non posso che considerare soddisfacente l'esito del sondaggio.
E che gran bella cosa scoprire di essere nel punto più distante dall'UdC. Fosse per me, quella retta la cancellerei del tutto.

Chiunque volesse provare a misurarsi coi temi (?) di questa spumeggiante (?!) campagna elettorale, può farlo cliccando sulla seguente icona:

Elezioni 2008. Io sono qui. E tu dove sei?

lunedì 24 marzo 2008

Fra quattro assi e dieci chiodi

"I testi delle canzoni, se proprio vanno letti, vanno letti con lo spirito con cui ci si avvicina a una sceneggiatura cinematografica: non sono il prodotto finito. Sono una specie di fotografia in bianco e nero di un quadro impressionista... Il quadro lo si può apprezzare veramente solo dall'originale, solo così ci si può rendere conto veramente di quant'è grande, dell'impasto dei colori, dello spessore delle pennellate, di come risponde alla luce...così appunto la canzone. Il quadro bisogna per lo meno vederlo in un'ottima fotografia a colori che tradisca l'originale il meno possibile...così appunto la canzone!"

Questa è la premessa ai testi delle canzoni riportati sul suo sito personale. Inutile dire che concordo a pieno.

Chi la scrive è Alessio Lega, cantautore leccese sconosciuto ai più, classe '74.
Gran botta emotiva appena lo ascoltai la prima volta. Voce importante, profonda, matura; musiche da Italian Classic riflessa nel terzo millennio; testi che ricordano l'eleganza di De Gregori, la poetica di Fossati, la crudezza di De Andrè.
E fu "Straniero" la canzone dell'impatto, quella di cui riporto il testo quì sotto.
E quella prima volta pensai: arriverà un giorno in cui mi ci ritroverò dentro.

Ci siamo.


E da una riva a un’altra riva percorsi questo mare
Quando arrivai all’attracco e scesi a questo nuovo porto
E trascinavo la mia vita, chissà per arrivare
Chissà per ritornare o non sentirmi ancora morto…
Sono venuto a sta città
Come straniero che non sa
Come un insulto al cielo nero
In questa pioggia ostile
Lo stile fosco dell’età
E la pietà per questa gente
In tutto questo niente, il vento
Che batte il mio sentiero
E me ne andrò, io mi dicevo
Di notte, come uno straniero
Andrò davvero io non devo
Niente a nessuno andrò leggero via.
Da marciapiede a marciapiede poi si disperde il sogno
Bisogna pur cedere al fondo un’ancora d’appiglio
Però io veglio inquieto ancora e traccio in questo stagno
Punto di fuga che non sia famiglia, moglie o figlio mio
E così vivo in sta città
Come straniero che non parla
La lingua della società- Il tarlo nella perla –
Sono straniero alla mia via
Mi sento ignoto anche agli specchi
Ai vecchi amici, a casa mia
A ciò che mangii o tocchi
Ho fiori secchi sul balcone
E la pensione per traguardo
Alzo lo sguardo a ogni stazione
Già certo del ritardo mio
Da vita a morte è solo gioco di grottesca assenza
Di sete d’aria fresca e nuova e fame di vacanza
Perciò ogni tanto cerco attorno chi dallo sguardo fa sfuggire
Sul piombo grigio d’ogni giorno la voglia di partire
Siamo stranieri a sta città
Siamo stranieri a questa terra
A quest’infame e dura guerra
Alla viltà e al letargo
Prendiamo il largo verso altrove
Dove non seppellisci i sogni
Dove non inghiottisci odio
E arrivi a odiare i tuoi bisogni…
O morte vecchio capitano
Salpiamo l’ancora, su andiamo
Inferno o cielo cosa importa
Da questa vita morta
Come straniero partirò
Senza più niente da sperare
Fra quattro assi e dieci chiodi
Vedi c’è odor di mare… e ciao


p.s.: Per chi volesse scaricare gratuitamente il suo album "Resistenza e Amore", lavoro svliuppato in collaborazione con i Mariposa, lo può fare cliccando il seguente link: http://www.alessiolega.it/scarica.php

martedì 18 marzo 2008

Vincere da ultimi

Nella primavera nel '86 un'associazione sportiva del mio paese organizzò la prima maratona della sua storia. Per lo svolgimento della gara scelse il 25 di Aprile, una giornata dal forte valore storico e simbolico ma soprattutto giornata di festa per la maggior parte dei lavoratori che in questo modo avrebbero potuto partecipare all'evento. L'organizzazione prevedeva dei premi per i vincitori ma, come ogni grande maratona che si rispetti, l'intenzione era principalmente quella di creare un incontro sociale, un'occasione per lasciare a casa l'auto e godersi il primo sole primaverile seguendo un percorso che poteva essere effettuato a qualunque andatura.

C'era un bel sole quel giorno: dalle mie parti solitamente quel periodo è il preludio della stagione più melodica dell'anno.

Mio padre ebbe la salutare idea di partecipare a quella gara. Ma, insieme a questa, ne ebbe un'altra meno felice: portare anche me.
Avevo 6 anni, non compiuti. Cinque e tre quarti.
(e mio padre l'età che io ho adesso)

Ero un bimbo grassottello, pur essendo la disperazione dei miei genitori perchè non mangiavo quasi nulla. Mio padre mi aveva già iscritto ad un corso di basket da qualche mese (organizzato dalla stessa società della maratona) ma forse a causa dei miei limiti strutturali facevo sempre una gran fatica a correre per più di 8 secondi.

Immaginate cosa potevano significare per me 10 km.

Ho pochi ricordi di quella giornata, ma quei pochi sono perfettamente nitidi.

Ricordo di essermi sentito male più volte perchè lo sforzo che facevo era enorme.
Ricordo che correvo ad intervalli di 10: 10 secondi di corsa e 10 minuti di camminata.
Ricordo che mio padre era sempre lì affianco a me, si divertiva.
Ricordo il sudore grondante ed il pantalone felpato che mi sentivo attaccare sulle gambe.

Ma quella sofferente esperienza fu solo l'inizio.

A basket c'ho giocato fino all'età di 17 anni, poi ho fatto l'arbitro per altri quattro e dal 2002 sono tesserato allenatore. Totale: nel 2006 ho festeggiato i miei 20 anni di sport. Non pochi.

Credo di avere il diritto di poter affermare che il mondo dello sport lo conosco. E lo adoro.

Dirò di più: per me è uno spazio dell'esperienza umana, uno dei pochi, se non forse l'ultimo ormai, in cui sono ancora fortemente presenti dei valori e che addirittura possono essere considerati indistruttibili. Un esempio su tutti, pensate solo al concetto base della "vittoria": in una competizione tra 2 o più partecipanti solo un soggetto può prevalere sugli altri, il numero uno, il campione. E lo fa seguendo esattamente le stesse regole di tutti, solo ed esclusivamente attraverso le sue forze, la sua bravura, la sua energia, la sua costanza, la sua concentrazione, il suo talento, la sua determinazione. Un soggetto che non sarà mai un campione assoluto, ma che di lì a poco dovrà rigiocarsi tutto con tutti per cercare di dimostrare ancora di essere il più bravo.

La parte più emozionante del mio ventennio sportivo è stato l'ultimo anno, quando mi sono ritrovato da solo a gestire il settore minibasket, dai bimbi di 4 anni ai ragazzini della prima media.

Fin dal primo giorno, l'obiettivo che mi ero fissato era uno solo: i ragazzi con me non avrebbero imparato a giocare a basket, ma avrebbero imparato lo sport, giocando a pallacanestro.
Era, e sono, fermamente convinto che ad un bimbo di sei anni, in quell'ora di attività sportiva, bisogna regalargli la possibilità di divertirsi, di correre, di gridare, di staccare la mente dai compiti che ancora non ha fatto o dall'amico di banco col quale ha litigato, di non ascoltare le urla dei suoi genitori, di sentirsi uguale a tutti gli altri. Se poi in tutto questo l'istruttore è così bravo da nasconderci anche degli insegnamenti tecnici, ben venga: il ragazzo imparerà senza neanche accorgersene.

In quella stagione le emozioni e le soddisfazioni furono tante. E non parlo di quelle sportive, per carità. Ai mini tornei le mie squadre, composte per lo più da ragazzini alle prime armi o dai fisici non perfettamente "atletici", prendevano batoste che neanche immaginate. Avessi allenato una squadra di serie A sarei stato esonerato dopo il primo quarto della prima gara di campionato.

Ma i miei ragazzi erano gli unici in tutta la provincia che prima della gara andavano dai loro avversari a stringere la mano (e così facevo anche io, divertendomi a vedere le reazioni, purtroppo, stupite dei miei colleghi), gli unici che dopo un fallo un po' più violento anche se involontario andavano a chiedere scusa all'avversario, gli unici che sapevano benissimo di non poter dire neanche la più comune parolaccia, pena l'esclusione dal campo e conseguente riscaldamento del posto panchina.

A volte perdevamo le partite in maniera davvero esagerata, ma non c'era soddisfazione più grande al mondo che vedere i miei ragazzi contenti e sorridenti. TUTTI, dal ciccione al piccolo talento, da quello arrivato due giorni prima al veterano.

Mi piace pensare di aver insegnato qualcosa di buono a quei ragazzi.
Su tutti, il valore a cui tenevo di più in assoluto: il rispetto.

Ho cercato di far capire loro che lo SPORT non era esattamente quello che vedevano in tv, che quello reale era quello che ogni giorno facevamo in quella fredda e umida palestra, che il doping è per i vigliacchi e non per gli sportivi, che Calciopoli non centrava nulla con il calcio.

Io ci credo ancora.
Fino a pochi anni fa volevo tatuarmi i Cinque Cerchi olimpici sulla caviglia o dietro il collo.
Pochi simboli al mondo hanno lo stesso potere significativo e comunicativo di quei cerchi intrecciati tra loro.

Perchè vi ho parlato di tutto questo?

Perchè in Italia in questi giorni si parla tanto della possibilità di boicottare le Olimpiadi cinesi. Qualcuno, giustamente, dice che mentre lì la polizia spara alla gente per strada noi in Italia ci preoccupiamo dei Giochi. Ma visto che il tema mi riguarda fortemente, visto che davanti alla tv, guardando le gare olimpiche, ho vissuto alcune delle più belle emozioni della mia vita e visto che in un giorno d'inizio d'Olimpiadi ci sono anche nato, dico la mia opinione.

Io sono fermamente convinto che l'errore grande sia stato quello di concedere alla Cina l'organizzazione dei Giochi Olimpici. Ma ormai la frittata è fatta.
Così come sono ormai convinto di essere totalmente contrario al boicottaggio.

I Cinque Cerchi sono intrecciati, formano una catena. Lo sfondo è bianco. Non hanno sede, non hanno stato, non hanno nazione. Quei Cinque Cerchi sono i cinque continenti che per una volta ogni quattro anni si sfidano sotto le nobili regole dello Sport.
Sono il rispetto per gli altri, sono l'uguaglianza tra le razze, sono la ricchezza delle diversità.
Sono anche il sudore degli atleti, i sacrifici che fanno, i loro sogni da bambini, le loro emozioni, le loro lacrime di gioia e di dolore, i loro inni e le loro bandiere.
Sono valori che deve cominciare a conoscere anche il miliardo e quattrocentomila del popolo cinese che in questi giorni, passivi di una spietata manipolazione della comunicazione ad opera del regime, accusano e condannano i fratelli del Tibet ed il loro leader spirituale, definito "spietato e malvagio".


Lo sport come salvezza.
Lo sport come PACE.


Di quella maratona del lontano '86, che dall'anno successivo divenne una semplice passeggiata, una "Marcia di Primavera", e che ancora oggi si svolge ogni 25 Aprile dell'anno, ho anche altri ricordi.

Che nonostante le grosse difficoltà e le richieste di abbandono della gara, mio padre mi fece andare avanti, senza aiuti, standomi sempre vicino.
Che finii il percorso quando già avevano svolto la premiazione e preparavano la seconda gara per i senior.
Che un ragazzetto che conoscevo rideva delle mie condizioni e di essere arrivato così ultimo che forse potevo essere il primo della gara successiva.
Ma soprattutto che mio padre volle che passassi dal traguardo, concludendo la gara come tutti. E poi mi sorrise.

Nessuno poteva sapere che l'ultimo arrivato aveva vinto il più grande insegnamento.



p.s.: A breve un post sulla situazione Tibet. Il tempo di documentarmi al meglio.

domenica 16 marzo 2008

Avere vent'anni

Dedico una piccola parte di questo spazio ad una persona che oggi "apre un paio di ali per volare tra i Venti di Primavera."
Una persona che di spazio, nella mia vita, ne ha indubitabilmente tanto e che su un filo di vento, in ogni condizione, potrà sempre contarci.

Ora comincia il bello.
Mi fido di te.


Buon Compleanno, fratè.

giovedì 6 marzo 2008

Fino a disperdersi

Di certo non è poca cosa quel fascio di luce che sale dal fondo e che sbatte sui muri altezzosi di un tempio di un tempo solenne.
Incrocia le note di un arco banale, forse, ma ben accordato ed insieme mi tengono chiuso in un angolo nuovo dove il tempo e l'orgoglio son fermi, dove forse una statua può muoversi, un ricordo dipingersi.

L'occhio distratto da ciò che circonda il mio angolo, dal marmo scolpito da mani in fondo un po' folli, da capelli tenuti raccolti dietro la schiena che incorniciano un viso che abbaglia più dello scatto, un bimbo col giusto rispetto per ciò che c'è intorno che trova un motivo di gioia su e giù da un gradone.

Ma racchiuso nel vertice stretto mi tengo, attento, distante da tutto, coi piedi a riposo, vicini e incrociati, coi gomiti sporchi e già indolenziti.

Ed è l'unica parte del piano in cui la mia mente riesce a farmi notare che non è poca cosa quel fascio di luce che sale dal fondo.


Firenze, Piazza della Signoria, 28/08/07



Avevo promesso a me stesso che in questo blog avrei riportato pochissimo della mia vita personale, che mi sarei limitato ad esprimere opinioni sui fatti del giorno. Una specie di Paolo Liguori, ma meno fazioso e zerbino. Ma di promesse a me stesso, nel corso degli anni, ne ho fatte tante e mantenute poche.

Ho ritrovato per caso il passo riportato quì in alto, trascritto sul foglio di un block notes mezzo distrutto dall'atteggiamento trasandato che si assume quando ci si ritrova a camminare per ore tra l'asfalto ed il cemento di una città affossata ed in apnea nell'umidità, sotto un sole al massimo della forma, con l'entusiasmo sotto i piedi dolenti perchè non si riesce a trovare un tetto adeguato sotto il quale dormire, con l'acqua buttata in testa per non impazzire.
Per me, che ne sono l'autore, è facile ritrovare all'interno di quelle righe il senso di disagio che stavo vivendo in quelle giornate. Così com'è ancor più facile scavare al di sotto di esse e rivivere la sensazione di serenità vissuta proprio in quei pochi minuti in cui ho scritto.
Ero seduto sui gradini della Loggia, nel punto più lontano dall'opera principale del Gianbologna. Non un caso, forse.

Volevo inserire qualcosa di serio nel blog, ma la verità è che in questo ultimissimi giorni mi sento 5 centimetri sollevato dal suolo, giusto lo spazio che mi permette di rimanere distaccato dalla Terra che nel frattempo non smette certo di girare su se stessa. Se il nostro pianeta non fosse come "un grande navilio"* potrei arrivare in mezza giornata dall'altra parte abitata e fare viaggi gratuiti in barba anche alle compagnie aeree più economiche. Peccato.
Qualcuno potrebbe pensare che quei 5 centimetri si realizzano sotto la stessa forza che ha portato Scamarcio (Riccardo, non Piero, purtroppo) e rispettiva consortina fighetta a stare addirittura 3 metri all'interno della stratosfera (il titolo io l'ho sempre inteso così, cioè tre metri al di sopra della troposfera).

No. Il mio è disinteresse.
Sicuramente (e lo spero) tra qualche giorno inizierò a dare la mia opinioni su questa fasulla campagna elettorale, scriverò un blog su Ferrara (Giuliano, non il capoluogo di provincia, purtroppo) come ho promesso ad un mio amico nonchè fornitore di cibo ufficiale delle mie pause pranzo, giustificherò le mie intenzioni di non voto, parlerò della "Capitale" novità sul mio futuro, darò i miei voti a tutto il nuovo materiale musicale che in questi giorni sto ascoltando. E forse lo farò già da domani, chissà.

Ma oggi non ne ho voglia.
E benchè le paure che mi soffocavano più del caldo in quel finale della scorsa estate fossero molto differenti da quelle che vivo ora, sarebbe bello scoprire per caso un nuovo angolino in cui potermi sentire sereno per qualche minuto. Ammirando ciò che riempie lo spazio a me circostante.

In quel 28 agosto un'altra persona lontana da me passava il giorno del suo compleanno in compagnia della sua solitudine. Aveva bisogno di sorridere e non lo sapevo.
Come potevo immaginare.
Come poteva immaginare.

Di acqua sotto i ponti delle due città ne è passata tanta ed è ha proseguito per la stessa direzione:
a mare.

E' arrivata a incontrarsi e a mescolarsi.

Fino a disperdersi.



* citazione di G. G., il pisano.

martedì 4 marzo 2008

Radici nelle narici

Si dice che la memoria olfattiva sia la più affidabile tra quelle di cui l'uomo dispone.

Oggi lavoravo.
Mi sono avvicinato ad un angolino per sitemare delle cose, un posto in cui ci ripasso un centinaio di volte ogni 8 ore lavorative.
Ad un certo punto un profumo ha invaso la mie narici.

Non riuscivo a capire cosa fosse nè da dove diavolo provenisse.
Ma ci ho messo un attimo a capire dove mi stava portando.

Mi sono ritrovato nel salotto di casa dei miei, in un pomeriggio come tanti di una giornata invernale neanche tanto particolarmente fredda. Il sole era tramontato da non molto. In casa c'era mio fratello, in camera sua, che cercava di superarsi alla Playstation, mio papà riposava per la notte. La porta in fondo alla cucina un po' aperta, zero vento nel giardino, luce della cappa accesa. Mia mamma aveva già messo una caffettiera per tre sul fuoco, sentivo i rumori da "preparazione merenda" ma non capivo cosa stesse tirando fuori.

Ho chiuso gli occhi senza farmi guardare.

Sono stato in quel posto per una decina di secondi.
Sono stato sereno per una decina di secondi.

"Mi scusi, un'informazione..."

E questa a casa mia?! Chi è?!

"Dica pure".

sabato 1 marzo 2008

Critica all'emozion pura

Strane coincidenze. Piacevoli.

Stavo per inserire un post nel mio blog in serata, ma nel giro di pochi minuti il mio umore è cambiato parecchio, peggiorato. Ho cominciato a cenar tardi e mi sono ricordato che c'era la finale del festival. Non so per quale dannata coincidenza, ogni anno se accendo la tv per 3 volte a casa nel giro dei 5 giorni della gara becco sempre gli stessi brani. Così finisco per ricordarne bene alcuni e non sentirne assolutamente altri. Mai come quest'anno mi è andata bene: ho sempre beccato quei 2-3 che avevo il piacere di ascoltare.

Perfino lui. Ho pensato che avrei cambiato il mio intervento ed avrei inserito il testo della sua canzone, perfetta per la serata tristemente rinnovata. E poi lo avrei omaggiato, comunque fosse andata. Pensavo avesse già cantato. Non lo si poteva relegare di nuovo agli ultimi posti.
Sorteggio beffardo.

Si era conservato anche lui l'esibizione migliore per l'ultima serata. Questa volta niente problemi intestinali, niente grottesche distrazioni dei due presentatori. Ha pronunciato solo 2 "no". E uno "stronzi" prima di cantare. Poche parole ma giuste.

La sua timidezza è scomparsa al suono della prima nota. E' scomparso lui. Lo vedevamo cantare, urlare e stonare sul palco, ma lui non c'era. Lui era dentro la canzone, lui era ormai nell'aria. Il suo corpo era soltanto l'involucro che lo avrebbe riportato nel nostro mondo a fine brano. E potevamo intuire i suoi movimenti leggiadri nel vuoto solo attraverso gli sguardi del suo viso. Ma dove guardava? A cosa diavolo pensava in quegli istanti quel bizzarro e cupo personaggio vestito con dei capi disegnati dalle detenute del carcere di Vercelli?

Voce rauca nella prima strofa, ho pensato che non poteva farcela fino alla fine. Ma è riuscito a schiarirla, ad adattarla.

Alla fine del pezzo avevo gli occhi lucidi.
Lo avrei abbracciato se fossi stato lì davanti a lui.

Ero solo, in cucina, ma ho urlato e alzato il pugno quando lo hanno proclamato vincitore del Premio della Critica. Che da che mondo è mondo, e da che Sanremo è Sanremo, è il premio serio, quello che conta, quello del valore reale.
E andatevi a vedere il post scriptum del mio intervento precedente, del 28 Febbraio. Ve lo avevo detto che ci azzeccavo sempre.

Grazie per il regalo, Francesco. Grazie di cuore.


TRICARICO - "Vita tranquilla"
(di F. Tricarico)

Ho sempre pensato
Quando avrò questo sarò saziato
Ma poi avevo questo…ed era lo stesso
Ho sempre pensato
Troverò il mare e sarò bagnato
Il mare ho trovato… ma nulla è cambiato… nulla
Che cos’è… che io aspetto…
Io… voglio una vita tranquilla
Perché è da quando sono nato
Che sono spericolato
Io… voglio una vita serena
Perché è da quando sono nato… che è
Disperata… spericolata…
Però libera… verd’è sconfinata
Io dovrei… non dovrei
Ho sempre pensato
Quando avrò il cielo sarò stellato
Divenni una stella… ma ero lo stesso
Sempre lo stesso
Ho sempre pensato
Troverò lei e sarò rinato
Lei ho trovato… qualcosa è cambiato
Qualcosa è cambiato
L’ultima illusione non è svanita
Io libero per sempre

Io… voglio una vita tranquilla
Perché è da quando son nato che sono spericolato
Io… voglio una vita serena
Perché è da quando son nato… che è
Disperata… spericolata…
Però libera… verd’è sconfinata
Io dovrei… non dovrei
Io… voglio una vita tranquilla
Perché è da quando son nato che sono spericolato
Io… voglio una vita tranquilla
Perché è da quando son nato… che è
Disperata… spericolata…
Però libera… verd’è sconfinata
Io dovrei… no non dovrei