sabato 9 febbraio 2008

Baustelle - "Il liberismo ha i giorni contati"

A breve scriverò la mia personale recensione dell'ultimo album di questo meraviglioso gruppo.
Per ora vi regalo il testo di uno dei brani più belli.


E’ difficile resistere al Mercato, amore mio. Di conseguenza andiamo in cerca di rivoluzioni e vena artistica. Per questo le avanguardie erano ok, almeno fino al ’66. Ma ormai la fine va da sé. E’ inevitabile. Anna pensa di soccombere al Mercato. Non lo sa perché si è laureata. Anni fa credeva nella lotta, adesso sta paralizzata in strada. Finge di essere morta. Scrive con lo spray sui muri che la catastrofe è inevitabile.Vede la Fine. In metropolitana. Nella puttana che le si siede a fianco. Nel tizio stanco. Nella sua borsa di Dior. Legge la Fine. Nei saccchi dei cinesi. Nei giorni spesi al centro commerciale. Nel sesso orale. Nel suo non eccitarla più. Vede la Fine in me che vendo dischi in questo modo orrendo. Vede i titoli di coda nella Casa e nella Libertà. E’ difficile resistere al Mercato, Anna lo sa. Un tempo aveva un sogno stupido: un nucleo armato terroristico. Adesso è un corpo fragile che sa d’essere morto e sogna l’Africa. Strafatta, compone poesie sulla Catastrofe.Vede la Fine. In metropolitana. Nella puttana che le si siede a fianco. Nel tizio stanco. Nella sua borsa di Dior. Muore il Mercato. Per autoconsunzione. Non è peccato. E non è Marx & Engels. E’ l’estinzione. E’ un ragazzino in agonia. Vede la Fine in me che spendo soldi e tempo in un Nintendo dentro il bar della stazione e da anni non la chiamo più.

(Amen - 2008)

2 commenti:

SdR ha detto...

Critica come al solito...
Pur essendo moribondo, secondo il testo della canzone di questo gruppo pop, il Mercato li "premia" e loro sanno usare tutti i suoi strumenti (pubblicità, promozioni, PR, eventi, apparizioni TV, redazionali, etc).
Non perché siano schiavi del mercato, anzi. Io almeno non li ritengo tali.
Forse il mercato ci ha resi più liberi (e qui i fischi del pubblico), se solo non lo usassimo come strumento per arrivismi egoistici. Ma l'egoismo, sembra, porti a lungo andare al benessere collettivo (comportamento tipico del cosiddetto Homo economicus).
E qui ci si inoltra nella mitica (più per la sua età che per i suoi contenuti) teoria economica neo-classica... L'Homo economicus, però, non è morto... Non mai esistito!
Ed ora che viviamo nell'era dell'Homo aesteticus (nel senso latino del peso/valore dato ai sensi), non possiamo poi ritenerci così fortunati.
Per approfondimenti, vi consiglio la mia tesi di primo livello "Gestire Eticamente l'Impresa": si può, non è nemmeno anti-economico secondo la mia tesi/teoria. Peccato che il contesto sia quello visionario del mio mondo.
Senza pessimismi...
Buon Mercato a tutti!

filu te ientu ha detto...

E poi io sarei quello ipercritico, eh?!
Ok, cercherò di essere breve perchè è solo un commento. In realtà ci vorrebbe un post esclusivo. Sicuramente arriverà un giorno.

Mi limiterò a parlare del caso in questione Baustelle-Mercato.

Credo che siano loro stessi a darti ragione quando dici che il mercato li premia. Aprono il brano dicendo apertamente che ci cascano anche loro, che tanto la ricerca della differenza, dell'avanguardia, avrà come risultato solo una copertina più trasgressiva, una location per la presentazione dell'album meno comune, un tour con tappe innovative. E il messaggio diventa esplicito, autoironico e forse anche autocritico quando cantano "vede la Fine in me che vendo dischi in questo modo orrendo". (non a caso, la loro casa discografica è la Warner, non certo l'ultima etichetta indipendente nata da pochi giorni).
E che dire della borsa di Dior che la protagonista, drogata e sovversiva, disoccupata e senza un soldo, possiede? Per me è un testo geniale. Se poi lo si considera nel contesto del brano, associato alla musica, diventa un grandissimo pezzo.(i Baustelle comunque ci hanno abituato a tutto questo. Mi ricordo di essermi innamorato di loro nel momento in cui ho sentito la frase "dammi una sigaretta, Copenhagen"!)

E allora perchè sottomettersi se sono davvero convinti che sia un modo orrendo di vendere?
Intanto lo pensano, ed è già una gran cosa.
Poi lo scrivono nelle loro canzoni e, cosa assurda, è già notevolmente da apprezzare ai tempi artistici d'oggi.
E poi queste canzoni sono buone, ben sviluppate, ricercatissime. Potrei farne migliaia di esempi contrari per cercare di far capire meglio il mio pensiero, basterebbe pescare a caso nel panorama musicale radiofonico italiano. Ma riporto quello che mi fa soffrire maggiormente: i Negramaro (per affetto conterraneo!) Ascoltate il loro ultimo album. D'accordo, non sono mai stati una cima ma avevano carattere, trasmettevano un po' di speranza agli inizi. Sono al terzo album, sono già stati schiacciati.

Artisti come i Baustelle, a mio personalissimo modo di vedere e di pensare, stanno solo aspettando che la rivoluzione musicale finisca. Che possano cominciare a vendere musica digitale in assoluta libertà senza mediazioni discografiche. I Radiohead hanno lanciato il primo pesante sasso contro i palazzi. Ma si sa che le rivoluzioni non si fanno nè da soli nè in un giorno.

Per ora chi ha i soldi per crearsi una propria etichetta scrive e vende come vuole. Nella maggior parte dei casi, però, con un occhio allo spartito ed un altro alla classifica vendite (es. il mio adorato Jovanotti. A Lorè... ma parlavi del tuo ultimo album quando hai detto "capolavoro"?!).

Le teste davvero calde, invece, campano di eccellenti critiche on-line. E della loro buona musica. E basta.