I preparativi per la festa duravano giorni interi. Si lavorava all'organizzazione dell'evento dell'anno già da qualche mese prima, si buttavano delle idee, si cominciava ad immaginare. Fino a qualche minuto prima dell'arrivo del primo invitato mio padre era sempre lì a cercare di mettere a punto l'ultima cosa, a risolvere il puntuale imprevisto dell'ultimo minuto, a sistemare l'ultima luce, la prolunga ancora troppo corta, a coprire le patatine che lo scirocco divorava prima di tutti, le bibite ancora troppo calde, l'ultimo controllo all'attrazione dell'anno, la novità, ovviamente ideata, progettata e costruita da lui stesso, quella di cui si sarebbe parlato fino all'evento successivo.
Dietro le quinte mia mamma era immersa tra i fornelli dal giorno prima, a impastare e infornare e tagliare e sistemare e decorare e montare. Ogni volta un successo, con tanto di standing ovation e richiesta del bis per il pezzo finale, quella torta che aveva in mente già da chissà quanto tempo e che prendeva finalmente forma di fronte ai golosi e ormai viziati spettatori, un emozionante intreccio di squisito sapore e geniale originalità. Per alcuni aspetti è stata la più grande artista che abbia mai conosciuto.
Io mi limitavo a fare quello che tutt'ora mi riesce meglio, anche se in situazioni del tutto differenti: scegliere e programmare la musica per la Grande Serata.
Mille sacrifici, mai troppi soldi da parte, vacanze mai passate più lontane della spiaggia sotto casa, ma tanta attenzione all'immensità delle cose semplici. Il figlio di un operaio e di una casalinga, per un giorno all'anno più di tutti, sembrava davvero un Principe.
Poi gli anni cominciano a formarti il carattere e ad alcuni succede che non piace più tanto ritrovarsi al centro dell'attenzione. Via i palloncini e le patatine PiùGusto e i campanelli con la corda lunga tre piani e le lampadine colorate artigianalmente e i giochi di gruppo e le novità dell'anno. Tutto veniva ridimensionato, per mia scelta. Affetto a parte, ovvio.
Nonostante questo, a 12 anni non puoi e non devi assolutamente avere la maturità giusta per comprendere il mondo. A 12 anni hai negli occhi l'affetto della tua famiglia, gli amici di scuola, il tuo calciatore preferito, la ragazzina dell'ultima classe vicino i bagni. Delle immagini viste in tv il giorno del tuo dodicesimo compleanno, per quanto assurde, non ti distolgono quindi l'attenzione dalla tua mamma che paziente continua a girare la crema per la grande opera pasticcera da presentare alla sera ad amici e parenti. Ma a 12 anni riesci benissimo a capire che qualcosa di strano è successo, qualcosa di molto più rumoroso di uno scoppio provocato da 100 chili di tritolo. Lo leggi negli occhi della gente che vedi in tv, lo intravedi tra le macerie e la polvere, lo senti nella voce tremante e incerta del cronista.
Non ci ho messo tanto tempo a crescere e a capire cosa successe davvero in quel pomeriggio del mio compleanno, in una strada di Palermo.
Ed oggi, in un'epoca in cui qualcuno definisce la magistratura "la metastasi della giustizia", qualcuno che dalla quella giustizia scappa nella notte come un ladro beccato con la mani nel sacco, che calpesta la Costituzione per raggiungere la propria invulnerabilità, che si avvale di amici e stretti collaboratori politici e d'affari processati e ritenuti colpevoli d'associazione mafiosa, che definisce Mangano "un eroe", che si avvale di ministri che han bruciato tricolori o che considerano il Consiglio Superiore della Magistratura una "cloaca" (come il passato dai quali attingono i loro valori), che spadroneggia e comanda in nome del Popolo Italiano, voglio fare una cosa che non ho mai fatto: dedicare il giorno del mio compleanno ad una persona per la quale scrivere elogi è estremamente superfluo.
In quel sabato del 19 Luglio 1980 nasceva una vita, la mia.
Dodici anni dopo, il coraggio di un uomo veniva fermato nell'unico modo possibile.
Dedicato a Paolo Borsellino.
"Non sono né un eroe né un kamikaze, ma una persona come tante altre"
(P. Borsellino)
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